lunedì 23 ottobre 2017

L'invenzione di Morel

( fonte )


Scomporre e ricomporre : è quello che fa la natura o un binomio di divinità capricciose, all'infinito ;
o che fa chi vuol scoprire i segreti di un meccanismo 
o  quello che ho fatto io per capire qualcosa de "L'invenzione di Morel", un romanzo del 1940 di Adolfo Bioy Casares, scrittore argentino legato  da un rapporto di amicizia e collaborazione al più noto connazionale J.L. Borges


Gli elementi in gioco non sono molti. 
C'è un'isola. Vi approda il protagonista, un uomo in fuga; sta cercando di sottrarsi all'ergastolo a cui è stato condannato. E' questo un primo elemento di cui tener conto.


 Approdando sull'isola, l'uomo si libera da qualcosa che lo avrebbe limitato, una prigione, uno spazio buio, chiuso (la caverna di Platone o, più semplicemente la materia, il corpo?). L'isola è un grande spazio aperto, bagnato dalla luce e dall'acqua (il mondo delle idee o un  paradiso?)


L'acqua è un elemento ricorrente nel romanzo; è la via attraverso cui l'uomo approda sull'isola; avvolge il protagonista che più volte al suo risveglio vi si ritrova immerso ( il grembo ? );
il suo movimento ciclico ( le maree ) costituisce l'energia propulsiva necessaria ad azionare l'invenzione di Morel;


l'acqua è in una delle tre costruzioni che stazionano solitarie sull'isola : una piscina, una cappella, un museo ( chiamato così, è in realtà una residenza ).
Il numero tre è ricorrente nel romanzo, così come il numero otto. Sono cifre che rimandano al trascendente, a ciò che supera la materia, all'infinito, all'eterno.
L'8 è il numero della resurrezione, della rinascita.  Ruotato di 90° è il simbolo dell'infinito.


Castel del Monte


Alla rinascita fanno pensare l'approdo sull'isola del protagonista, la presenza della piscina ( una fonte battesimale? ).
Al continuo ritorno rimandano le maree e il ripetersi di situazioni, di cui il protagonista è spettatore,  che hanno tutta l'apparenza della realtà e che costituiscono invece il prodotto di una invenzione, "l'invenzione di Morel", appunto.


Tra le "scene" ricorrenti a cui l'uomo assiste c'è quella di una donna, vestita in modo elegante ma antiquato, il cui incarnato ricorda quello di una zingara ( un riferimento ai tarocchi, al destino ? ), che  assorta, con un libro fra le mani,  guarda il tramonto, il termine del giorno. 
Il motivo  della fine  è presente nel romanzo tanto quanto quello dell'inizio. Per rinascere bisogna morire. L'immagine più forte in questo senso è quella della partenza degli "intrusi" dell'isola, ovvero delle  persone che figurano nelle scene realizzate da  Morel  attraverso il congegno che ha ideato; partono con una imbarcazione, consapevoli di andare incontro alla morte; ricordano il pallido carico di altri "legni" letterari, da Dante a Coleridge, a  Shiel.


Anche la morte è momento ineludibile, necessario per garantire l'eternità, la riproduzione del ciclo ( anche in senso cinematografico... ed è una riproduzione , questa, a cui il protagonista assiste ). 
Per non rovinare il piacere della lettura non dico altro. Aggiungo solo che, leggendo il romanzo, ho intravisto altre possibilità interpretative. Una di queste è suggerita dal binomio illusione/realtà : ciò che consideriamo concreto ha invece la sostanza dei sogni, delle visioni, visioni di qualcuno che, più in alto di noi,  ( ci ) sogna :  Morel?




p.s
Borges, parlando de l'invenzione di Morel, fornisce un  suggerimento:
"Bioy  rinnova letterariamente un' idea che Sant'Agostino e Origene confutarono, che Louis Auguste Blanqui ragionò e che Dante Gabriele Rossetti disse con musica memorabile:


Sono già stato qui,
ma quando o come non so dire:
conosco quest'erba davanti alla mia porta,
quel dolce intenso odore,
quel rumore sospirante, quelle luci attorno alla costa...  "








p.p.s.

Ci sarebbe anche un'altra chiave di lettura,   più...sentimentale, più segreta 

 ( cito da pag. 109 della mia edizione ) :


Forse abbiamo sempre voluto che la persona amata avesse un'esistenza di fantasma


La frase, nel romanzo,  è in sordina: è riportata tra parentesi, quasi a confessare la verità inconfessabile.



Le  linee interpretative non si negano vicendevolmente. Un punto di vista più celeste ( o più terrestre ? ) del mio saprebbe come ricomporle. Io non ancora...ma mi sto attrezzando.


.

 Qui il trailer del film  "L'invenzione di Morel" di Emidio Greco


p.p.p.s.

Ho dato al post l'etichetta  "refrain"  non solo perchè nel libro c'è una situazione che si ripete: ho già pubblicato queste mie considerazioni sul romanzo di Bioy Casares nel mio precedente blog, Giac.ynta, quello che gestivo senza Giuliano ( che ha parlato del film tratto dal libro in una serie di post nel suo blog, giulianocinema  )  (qui ).

9 commenti:

  1. Bene, da queste pagine arrivano cose sempre più interessanti. Bene ;-). Ciao

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  2. E' un romanzo enigmatico che, proprio per questo, mette in moto l'immaginazione ( e qualche altra facoltà:-). Anche il film tratto dal romanzo è di grande suggestione. Un uomo solo tra poche architetture deserte, la natura e parvenze di esseri umani. Uno scenario inquietante ma al contempo intrigante.
    Grazie, Laura ! :-)

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  3. Da quanto leggo qui il romanzo coinvolge il lettore con metafore e simboli e lo induce a riflettere. Esercizio sempre importante anche se, a volte, risulta palestra difficile ma necessaria.
    Non ho letto niente di Adolfo Bioy Caseres ma è, con Borges, personaggio di un racconto tratto dal libro Controvento, che al momento vende molto. Anche se, l'incontro col suo autore è stato deludente, il libro, magari, non lo è.

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  4. Magari quel giorno Federico Pace non era in forma, può capitare. Ho letto qualcosa in rete e il soggetto del libro è di quelli che dovrebbero alimentere la tua fantasia blogger.. Aspetto..
    :-)

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  5. Di Bioy Casares conosco soltanto i "Racconti brevi e straordinari" scritti (raccolti?) con Borges. Con la circolarità di Borges e la sua idea che siamo il sogno di qualcun altro ho sempre avuto dei problemi. Invece, che certi ricordi nostri siano ricordi di qualcun altro e che le esperienze conoscitive più importanti siano in realtà reminiscenze, su questo non ho dubbi.
    "Forse abbiamo sempre voluto che la persona amata avesse un'esistenza di fantasma". Questa frase non l'ho capita. Se mi dici che si ama un fantasma, sono d'accordo; ma se uno ha la fortuna di amare una persona reale, perché dovrebbe desiderare che sia un fantasma?
    Bell'articolo - denso e un po' esoterico...
    Buona serata e a presto


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  6. "Forse abbiamo sempre voluto che la persona amata avesse un'esistenza di fantasma" è una citazione dal libro di Bioy Casares e l'ho intesa come un modo di sottolineare la tendenza che spesso si ha a innamorarci dell'idea che abbiamo di una persona piuttosto che della persona in sè, rimandando l'appuntamento con la effettiva realtà della relazione.
    Io invece sono incuriosita da quello che dici a proposito dei ricordi: dimmi qualcosa in più, se vuoi:-)

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  7. A proposito dei ricordi. Non è facile da dire. Io ho alcuni (pochi) ricordi che mi sembra di avere da sempre, molto vaghi – nel senso che non ci sono persone, o almeno io non le vedo; non ci sono nemmeno io, veramente. C’è qualcuno che percepisce e che (logicamente, ma solo logicamente) dovrei essere io. Sono ricordi di luoghi che mi è impossibile precisare a parte una sensazione di colore, di luce, forse di vegetazione. Pur essendo vaghi sono immediatamente identificabili, cioè, io so che sono sempre quelli, li riconosco. E sono legati a una sensazione di felicità intensa che sfugge, come le immagini stesse, appena cerco di precisarla. Potrebbero essere legati a letture, ma mi pare risalgano a un’epoca in cui non sapevo leggere (in cui forse non ero nemmeno io). Anche la felicità, non sono affatto sicura che fossi io quella che l’ha esperita. Per questo arrivo a concludere che siano ricordi di altri. Poi hanno la particolarità che se uno cerca di richiamarli si attenuano, quindi evito di farlo. Le neuroscienze hanno sicuramente una spiegazione plausibile, ma non voglio saperla.
    Scusa se rispondo solo ora: sono sommersa dai compiti da correggere :-)

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    1. nel libro e nel film - penso di poterlo dire senza rovinare la sorpresa, non è un thriller - su un'isola deserta e inospitale appaiono d'improvviso figure eleganti che ballano e dialogano fra di loro; restano una settimana e poi spariscono. Non sono fantasmi, ma una proiezione molto simile alla realtà, come un film ma molto vicino alla realtà. La proiezione si ripete secondo il ciclo delle maree, che alimentano i motori del proiettore. E' questo che succede, da qui "l'esistenza di fantasma" dell'amata, la suggestione sui ricordi, e il fascino del libro. A Bioy Casares sono molto legato, gli ho anche "rubato" il nome di un personaggio come pseudonimo, tanti anni fa. (ma non dal Morel, da un altro suo libro).

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  8. @Elena

    Mi hai fatto pensare a un luogo ricorrente nei miei sogni; è connotato da una luce forte, gialla, è un ambiente chiuso, lucido e freddo per il suo nitore. Non è purtroppo la felicità la sensazione che gli associo ma una sorta di vigile torpore ( contraddizione di termini ma è così); in effetti l'unica presenza che appare in questo ambiente potrei non essere io anche se la sensazione mi è chiarissima.
    Grazie per la tua generosa risposta. Non sono cose facili da dire e condividere.
    p.s.
    La caviglia rotta mi esime dalla correzione di pacchi di temi, relazioni e questionari a risposta aperta ma la condizione in cui mi trovo è tale da farmi preferire di essere come te impegnata a consumare penne rosse... :-)

    @Giuliano
    Grazie per il chiarimento, effettivamente la necessaria indicazione che dai nel tuo commento, nel mio post non è ben esplicitata

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